Il cervello umano e l’immortalità digitale: perché è più complicato di quanto credi
Prima di fantasticare su come caricare la tua mente su un computer per vivere per sempre, c’è qualcosa che devi sapere. Il cervello umano, quello straordinario organo che ti permette di leggere queste righe, ha alcuni “difetti di fabbrica” evolutivi che rendono l’immortalità digitale molto più complessa di quanto Hollywood ci abbia fatto credere.
Non parliamo di fantascienza. Progetti reali come il Blue Brain Project stanno davvero tentando di simulare parti del cervello umano, ma quello che hanno scoperto è sia affascinante che frustrante: il nostro cervello è incredibilmente più complicato di quanto immaginassimo, e soprattutto non è stato progettato per essere “copiato e incollato” come un file digitale.
I numeri che fanno impazzire anche i supercomputer
Facciamo due conti che ti faranno girare la testa. Il tuo cervello contiene circa 86 miliardi di neuroni. Sembra già un numero astronomico, vero? Beh, preparati perché il vero shock arriva ora: questi neuroni sono collegati tra loro attraverso circa un milione di miliardi di sinapsi. Per darti un’idea di quanto sia gigantesco questo numero, se dovessi contare una sinapsi al secondo senza mai fermarti, ci vorrebbero più di 30 milioni di anni per finire.
Ma ecco la parte che rende tutto ancora più pazzesco: ogni singola sinapsi non è un semplice interruttore on-off come nei computer. È più simile a un mixer audio super sofisticato che può assumere centinaia o migliaia di impostazioni diverse, e che cambia continuamente in base a quello che fai, pensi o provi.
Come se non bastasse, il tuo cervello non è nemmeno una struttura fissa. Si rimodella continuamente attraverso la neuroplasticità, creando nuove connessioni e eliminando quelle che non usa più. È come cercare di fotografare un’opera d’arte liquida che cambia forma ogni millisecondo.
L’evoluzione non aveva previsto il backup mentale
Ed eccoci al primo grande problema. Il tuo cervello si è evoluto nel corso di milioni di anni per funzionare in perfetta armonia con il tuo corpo biologico. Non è un computer che puoi scollegare dalla presa e riaccendere da un’altra parte. È più simile a un ecosistema complesso dove ogni elemento dipende dagli altri per sopravvivere.
Pensa un attimo: il tuo cervello riceve continuamente informazioni dal corpo. La fame ti rende più irritabile, la stanchezza influenza le tue decisioni, gli ormoni cambiano il tuo umore, persino la postura può modificare la tua sicurezza. Come puoi trasferire tutto questo in un mondo digitale dove non hai più uno stomaco che brontola o un cuore che batte più forte quando sei eccitato?
I neuroscienziati hanno scoperto qualcosa di incredibile: molte delle tue funzioni cognitive dipendono dall’intero organismo, non solo dal cervello. Il famoso “farfalle nello stomaco” quando sei nervoso non è solo un modo di dire. Il sistema nervoso nell’intestino comunica davvero con il cervello e influenza le tue scelte. È quello che gli scienziati chiamano “asse intestino-cervello”, e senza di esso non saresti più tu.
Il mistero quantistico che complica tutto
Ma aspetta, c’è dell’altro. Alcuni ricercatori, tra cui il premio Nobel Roger Penrose, hanno proposto un’ipotesi che fa venire i brividi agli informatici: e se la coscienza emergesse da fenomeni quantistici che avvengono dentro i neuroni?
Se questa teoria fosse corretta, saremmo davvero nei guai. I computer tradizionali, per quanto potenti, non possono replicare i processi quantistici con la stessa precisione del cervello biologico. Sarebbe come cercare di dipingere l’aurora boreale con i pennarelli: puoi ottenere qualcosa di simile, ma mancherà sempre quella magia che rende l’originale unico.
Certo, questa teoria non è accettata da tutti gli scienziati e mancano ancora prove concrete, ma il solo fatto che sia possibile ci fa capire quanto poco sappiamo ancora su come funziona davvero la coscienza.
Quando la realtà supera la fantascienza nel senso sbagliato
I tentativi reali di simulazione cerebrale ci hanno dato delle lezioni di umiltà. Il Blue Brain Project, uno dei progetti più ambiziosi al mondo, è riuscito a simulare una piccolissima colonna corticale di topo nel 2015. Stiamo parlando di appena 31.000 neuroni su 40 milioni di sinapsi. Per simulare il cervello completo di un topo ne servirebbero circa 75 milioni di neuroni. Per un cervello umano? Moltiplicali per quasi 3.000.
E anche quando riescono a simulare queste piccole porzioni di cervello, quello che ottengono assomiglia più a uno zombie neurologico che a una coscienza vera. I neuroni artificiali sparano impulsi elettrici come quelli veri, ma manca qualcosa di fondamentale: l’esperienza soggettiva, quella sensazione di “essere te” che provi in questo momento mentre leggi.
È la differenza tra guardare la foto di una pizza margherita e assaggiarla davvero. I pixel possono essere perfetti, ma non sentirai mai il sapore del pomodoro o la consistenza della mozzarella.
I bug evolutivi che nessuno aveva considerato
Ecco dove le cose diventano davvero interessanti. Il nostro cervello ha alcuni “difetti” evolutivi che complicano ulteriormente l’immortalità digitale. Per esempio, la maggior parte dei tuoi ricordi non sono memorizzati come file statici su un hard disk. Vengono ricostruiti ogni volta che li richiami, come se il cervello ridipingesse il ricordo da zero ogni volta, aggiungendo dettagli nuovi e perdendone altri.
Questo sistema funziona perfettamente per un cervello biologico che deve adattarsi e sopravvivere, ma diventa un incubo per chi vuole creare una copia digitale. Come fai a trasferire un processo così dinamico e creativo?
Inoltre, molte delle tue capacità mentali emergono dall’interazione complessa tra diverse aree cerebrali che si sono sviluppate in momenti evolutivi completamente diversi. È come avere un’orchestra dove ogni strumento suona una partitura scritta in un’epoca diversa, ma che insieme creano una sinfonia perfetta. Replicare questa armonia in digitale richiederebbe non solo di copiare ogni singolo neurone, ma anche di capire perfettamente come si sono evoluti e perché funzionano insieme.
Quello che probabilmente succederà davvero
Invece dell’immortalità digitale completa, è molto più probabile che nei prossimi decenni vedremo forme ibride di conservazione della personalità. Potremmo riuscire a trasferire alcuni aspetti di chi sei attraverso l’intelligenza artificiale:
- I ricordi più stabili e significativi
- I modi di ragionare ricorrenti e le preferenze personali
Ma non l’intera esperienza soggettiva dell’essere umano. Pensa a un “assistente digitale” che conosce tutti i tuoi ricordi, le tue battute preferite e il tuo modo di vedere il mondo. Non saresti tu, ma sarebbe abbastanza simile da poter consolare i tuoi cari o completare progetti che avevi lasciato in sospeso.
La vera rivoluzione potrebbe essere nella creazione di “echi digitali” della nostra personalità che potrebbero sopravvivere alla morte biologica. Non diventeremo immortali nel senso classico, ma parti di noi potrebbero continuare a esistere e interagire con il mondo per generazioni.
Perché dovresti interessartene già da ora
Anche se l’immortalità digitale completa rimane fantascienza, la ricerca in questo campo sta già producendo risultati concreti che migliorano la vita di milioni di persone oggi. Le tecnologie sviluppate per mappare e simulare il cervello stanno portando a nuove cure per malattie come l’Alzheimer e il Parkinson, protesi neurali più sofisticate e una comprensione sempre più profonda di come funziona la mente umana.
Ma c’è qualcosa di ancora più importante: il semplice fatto di porci queste domande sta cambiando il nostro rapporto con la mortalità. Per la prima volta nella storia umana, la morte non è più vista come un limite assoluto e invalicabile, ma come una sfida tecnica che potremmo un giorno riuscire a superare.
Questo cambiamento di prospettiva sta già influenzando le scelte di milioni di persone. Aziende come Alcor offrono servizi di crioconservazione per il cervello, nella speranza che future tecnologie possano riportarlo in vita. Altri investono pesantemente nella ricerca anti-invecchiamento, sperando di guadagnare abbastanza tempo per vedere l’arrivo di tecnologie rivoluzionarie.
La vera immortalità potrebbe essere diversa da quella che immagini
Forse stiamo guardando la questione dal punto di vista sbagliato. Anche se l’immortalità digitale completa rimane un sogno lontano, stiamo già sperimentando una forma di immortalità digitale parziale. I tuoi post sui social media, le tue foto, i tuoi video continueranno a esistere molto dopo di te. Le tue idee, le tue creazioni, persino il tuo modo di scrivere messaggi potrebbero essere utilizzati per creare versioni digitali approssimative della tua personalità.
Questa non è l’immortalità che vediamo nei film, ma è comunque una forma di continuità che i nostri antenati non avrebbero mai potuto immaginare. E mentre gli scienziati continuano a lottare con i limiti biologici del cervello umano, noi come società stiamo già iniziando a prepararci per un futuro in cui la morte potrebbe non essere più definitiva.
Il viaggio verso l’immortalità digitale potrebbe essere più lungo e complicato di quanto pensassimo, ma ogni passo ci sta insegnando qualcosa di nuovo su cosa significhi essere umani. E forse, alla fine, questa conoscenza sarà il vero tesoro di questa incredibile avventura scientifica che stiamo vivendo tutti insieme.
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